eh si, è accaduto, accade da circa 4 anni, in quel di norcen di Pedavena, nel feltrino, presso la colonia alpina San Marco dove veniamo accolti dal responsabile della segreteria Davide De Duonni
certo, è solo una cena, è solo per pochi invitati alla volta, ma è per una cosa seria.
e Zanella Simona, referente italiana dell’associazione Blindsight Project, ci tiene a sottolinearlo.
“è una cena particolare dove non si usa la vista, fin dall’esser accompagnati in sala da persone non vedenti, una sala completamente oscurata, che omette la vista ma che permette agli altri sensi di emergere” e continua “certo, una cecità momentanea, tempo della consumazione, ma che se vissuta seriamente non pensando e consapevoli che a tutti voi la vista ritornerà, a noi no, permette di scambiarsi di posto.. di capire cosa prova un non vedente ogni giorno in tutte quelle piccole cose che agli altri paiono semplici..”
e conclude “piccole cose per modo di dire.. ricordiamoci che l’80% di tutte le nostre azioni assorbono un senso su cinque, la vista appunto, ai restanti 4 sensi diamo solo il 20% dei compiti… ”
ecco quindi che, dopo circa mezz’oretta di ambientamento dove Anas, un ragazzo dell’alberghiero di Valdobbiadene in stage e dal suo professore, il cuoco Pesce Marco, ci han messo a proprio agio con uno stuzzichino ed un aperitivo, si entra, si percorre in fila indiana a mò di trenino una sala che pare immensa, irta di ostacoli, ci si immagina chissà che ostacoli.
si viene accompagnati al proprio posto e li titubanti si inizia letteralmente a toccare… tutto.. dal piatto al tovagliolo, si cerca di immaginare distanze, profondità, i colori non han importanza, io personalmente non ne ho sentito il bisogno di immaginarli.
poi si fan cadere le barriere psicologiche, ci si chiama, ci si confronta con chi si ha accanto o davanti che, salvo con chi ti sei seduto accanto perchè entrato assieme, non si conosce…
è un vero tuffo nel nuovo, nella voglia di conoscersi, di sentirsi vivi, esistenti e statici in un mondo che noi vedenti diamo per scontato. certo, una sensazione di lievitazione. siamo seduti, sentiamo le cose, ma non riusciamo, non ci si riesce a posizionare nel tempo e nello spazio.
iniziano ad arrivare le pietanze cucinate dallo staff della colonia e abilmente servite da camerieri non vedenti, Nadia, Simona e Fernando se la cavano ottimamente nel loro ruolo… e a dir il vero è nostra la paura che si possa far danni non vedendo, che sò, rovesciar bevande o cibo.
inizia il bello. lo scopo vero di queste serate, di questa cena: nutrirsi non vedendo cosa c’è sul piatto, dove è il piatto e non vedendo le propie azioni.
ribadisco che il menù è sconosciuto, si è potuto comunicare solo le eventuali intolleranze, proprio per permettere al nostro cervello di non elaborare immagini di come potrebbe esser fatta una pietanza. si deve mangiar da zero, letteralmente scoprire boccone dopo boccone, gusti, sapori, odori, sensazioni, condividendole e confrontandosi con chi si ha accanto: è dolce, sempra zucchina, no ma c’è anche formaggio… no non è formaggio… è croccante, tenero, a te che sembra questo ? e la stanza riecheggia di domande e risposte che tra noi fortunati o sfortunati vedenti abbiamo dimenticato di udire.
non vediamo dicevamo, quindi anche la semplice richiesta del vicino che ti chiede di passargli il cestino del pane diventa un’impresa, spazio e distanze sono relative e status dei vedenti. si va a stima, con frasi circostanziali tipo.. lo ho messo ad altezza viso fronte a stefano, che lo passerà a fabio. ecco necessaria la conoscenza di chi si ha accanto, di cercar di stabilire dei punti di riferimento.
ecco che tra il primo e il secondo piatto, prese le dovute misure, si iniza a perfezionar la conoscenza. diventa quasi, e ripeto quasi, il buio naturale, il compier azioni. iniziano quelle conversazioni naturali: “di dove sei?” “cosa fai?”
ed intanto le figure dei tre camerieri ruotano sempre attoro a noi, silenziose ma presenti, pronte ad intervenire ad ogni singola richiesta di aiuto o di curiosità.
curiosità che naturalmente comprende la spiegazione e lo scopo della serata. una raccolta fondi per la scuola cani, quattro in tutto il territorio nazionale, poche rapportate alla domanda, pochissime al tempo di attesa visto che un cane, il cane, ha bisogno di due anni per esser addestrato e il tempo di attesa per chi lo richiede, come nuovo o perchè gli è venuto a mancare è uguale o superiore ai due anni.
il cane, mezzo insostituibile, l’occhio del non vedente. un cane addestrato anche a disubbidire.. certo. se un non vedente vuol compiere un azione ad esempio fuori di casa, per attraversar la strada, sicuro che è la stessa di ieri ma oggi il comune ha scavato una buca, il cane glielo deve impedire, nonostante tutto, nonostante l’ordine.
ecco che il cane diventa unico. 15000 euro circa il costo di questo dispositivo vivente capace di decidere per il non vivente.
costo interamente supportato da queste scuole. al non vedente viene donato. ma il non vedente è unico. sà che deve ringraziare. e lo fà con queste cene per aiutuare la scuola che lo ha aiutato in primis.
a fine cena il buio viene attenuato dall’entrata in scena di candele. per riabituarti alla vista. è una scoperta, un trionfo. inizi a scorger visi fino ad allora immaginati, luoghi inesplorati, ostacoli inesistenti e, almeno io, ci si rende conto di cosa sia e cosa vuol dire aver la vista.
e conclude allo stesso modo anche Simona: “Aiutateci, se ci vedete in difficoltà, anche non apparente, avvicinateci, chiedeteci, indicateci. certo, capiterà che possiamo avere pure noi la giornata storta e come capita a voi, rispondiamo male pure noi, certo, capiterà che non abbiamo bisogno, ma basta anche una volta che ne abbiamo e ve ne saremo grati. perchè si. perchè quello che avete provato voi, spaesati, senza spazio ne tempo, circondati da rumori difficilmente identificabili nella posizione o nella provenienza (voi vedete da dove o cosa arrivano), questa sera, durante questa cena, per noi è la quotidianità, voi ora che bevete il caffè alla luce artificiale della lampadina siete tornati a vedere. noi no. continuiamo a sorseggiarlo al buio. e se non abbiamo proprio bisogno almeno dobbiamo sentirci esser trattati da uomini e donne. senza remore. ”
“è una lotta continua per aver il diritto di vivere il più normalmente possibilie” senza restrizioni, barriere, violazioni di leggi (ndr vedi il caso degli alberghi che non accettano cani guida in violazione palese di una legge dello stato). queste cene servono a star assieme, a condividere sensazioni. a sensibilizzarvi”
è stata una magnifica cena, una fantastica esperienza, un esplodere di emozioni e sensazioni inspiegabili e non descrivibili.
queste righe vogliono esser il nostro grazie. il nostro invito ad altre persone che vogliono provare. perchè, cena perfetta a parte, il miglior modo per aiutare l’altro è condividerne lo stato. solo cosi si impara e si può trasmetterne il messaggio.
grazie Tania, grazie Marco, grazie Fernando, Anas, Davide e Massimiliano.
grazie a tutti i presenti. avete arricchito una serata, mi avete regalato un pezzo di bagaglio di vita che porterò con me per tutta la vita